Scenari

Federalberghi contro i big online

Scritto il

di Chiara Giannini

«Commissioni troppo alte e nessuna ricaduta in Italia»: gli albergatori dichiarano guerra alle Olta (Online travel agency) come Booking ed Expedia.

«Con l’avvento di internet – racconta al Settimanale il presidente nazionale di Federalberghi, Bernabò Bocca – pensavamo di essere riusciti ad abbassare i costi dell’intermediazione del famoso 10 per cento applicato dalle agenzie di viaggio. Ma con l’avvento dei portali esteri ci siamo trovati dal 10 a oltre il 30 per cento. Il tema delle tasse è, invece, un tema di equità. È giusto che chi guadagna in Italia paghi le tasse in Italia. E questo al momento non avviene. La vera questione, però, da operatori del turismo, è quella di portare queste commissioni a un livello accettabile».

Capire come funziona è semplice.

Si parte da un 18 per cento di maggiorazione che gli alberghi, a prenotazione avvenuta, devono versare al portale, per arrivare fino anche al 35 per cento.

A determinare la percentuale è, ad esempio, la tariffa Genius di Booking. Il cliente che effettua più operazioni, attraverso il sito internet internazionale, ha diritto a un ulteriore sconto che cresce di livello man mano che si prenota. Ma questo va a pesare ulteriormente sulla struttura ricettiva.

Insomma, dà un apparente vantaggio al cliente, ma al contempo un ulteriore incremento di costo all’hotel. In realtà, chi prenota paga una cifra maggiorata rispetto a quella che corrisponderebbe se si rivolgesse direttamente all’hotel.

«Come Federalberghi – prosegue Bocca – siamo riusciti a far passare una legge sulla parity rate, nel senso che oggi l’albergo sul proprio sito proprietario può dare un prezzo più basso di quello che il cliente trova su Booking. Quindi, la pubblicità che Booking fa, dicendo ‘da noi trovate sempre il prezzo minore’, è una pubblicità ingannevole perché nell’80 per cento dei casi se uno va nel sito dell’hotel trova tariffe inferiori a quelle presenti su quei siti». Ecco perché è stata creata una campagna per dire al cliente ‘prenota direttamente sul sito della struttura’, oppure ‘telefona all’albergo’». «Perché – tiene ancora a dire il presidente di Federalberghi – dal momento che devo pagare una commissione del 20 per cento a Booking, se io faccio uno sconto del 10 per cento al cliente, lui paga il 10 per cento meno e io guadagno il 10 per cento in più. Bisogna riuscire in qualche maniera ad aggirare o abbassare i costi di intermediazione».

La forza di Booking e similari sta nel fatto che hanno creato un sistema secondo cui la struttura è maggiormente visibile, ma di contro su ogni prenotazione ha una crescita della percentuale. È chiaro che tutto è demandato alla libera scelta dell’impresa e dell’albergatore.

I portali operano secondo logiche di mercato. Il problema è che ormai hanno una forza tale che per certi versi potremmo definirle di “posizione dominante”.

Oggi se si va a cercare qualsiasi albergo e in qualunque destinazione del mondo sul motore di ricerca esce Booking. Hanno una potenza economica che consente loro di pagare gli advertising su Google ed è chiaro che escano prima di tutti gli altri.

Per Bocca quel che ci vuole è «un intervento governativo, perché si può fare cartello e si può dire che per una certa destinazione tutti gli hotel si mettono d’accordo per non dare disponibilità delle camere, ma questo puoi farlo in luoghi piccoli, con 10 alberghi, impensabile farlo in città come Roma e Firenze».

Partendo dal presupposto che senza le Olta un albergo non può sopravvivere, Federalberghi ha provato più di una volta a creare un “portale Italia” che significasse avere un’alternativa. Il brand Italia è molto forte e se si riuscisse a farlo funzionare, sarebbe un modo di prenotare tutto italiano con cui un turista può fermare una stanza o linkarsi al sito dell’hotel pagando una commissione del 10 per cento, insomma.

Una soluzione per creare almeno un mercato di concorrenza perché oggi Booking ed Expedia hanno il monopolio. La stessa cosa era stata fatta in Toscana, dove la Regione aveva realizzato un portale volto a valorizzare le strutture del territorio. «Sono stati spesi quasi due milioni di euro per il progetto – racconta il gestore di una struttura di Firenze – ma non ha mai funzionato. Soldi buttati via. Nel frattempo, noi siamo costretti a regalare un terzo dei guadagni a Booking o Expedia. E quando si pagano percentuali così alte, pari anche a un terzo del prezzo di una camera, le marginalità se ne vanno attraverso queste situazioni. Quindi, addio a manutenzioni, lavori di ampliamento e ammodernamento e quant’altro».

Francesco Bechi, proprietario di un hotel nel capoluogo del Granducato e presidente di Federalberghi Toscana, chiarisce: «Viviamo una situazione di soccombenza. Le percentuali sono molto alte e poi, essendo società che non hanno sede legale in Italia, hanno un regime fiscale che non è quello della nazione al cui interno, tramite la transazione, stanno facendo fatturato. Quindi, le tasse che pagano le pagano in Olanda, dove il regime fiscale è completamente diverso».

I soldi finiscono all’estero. Dall’Olanda a Londra e quindi nel Delaware, paradiso fiscale americano. Più volte la questione è stata portata all’attenzione dei governi che si sono succeduti in Italia. Matteo Renzi provò a occuparsene quando era presidente del Consiglio, ma poi non si arrivò da nessuna parte.

«Sono certo – spiega Bechi – che l’attuale ministro del Turismo Daniela Santanchè, che ha fatto una chiara disamina dell’importanza del turismo per il Paese, riporterà al centro il tema. Sicuramente sta nella capacità della singola impresa di potersi gestire. A rimetterci sono soprattutto gli hotel singoli. Le catene alberghiere, in qualche modo, ammortizzano».

In questo momento le Olta sono talmente forti da non poterne fare a meno. «Chi si lamenta – racconta un albergatore romano – rischia di interrompere i rapporti e vedere meno clienti. Ecco perché spesso per porre la questione dobbiamo rivolgerci ai rappresentanti di categoria. Ciò su cui si dovrebbe lavorare di più è la formazione interna del personale e l’informazione che dobbiamo dare all’opinione pubblica e ai potenziali altri clienti. Oggi Booking dà subito la disponibilità di alloggi e tariffe relative alle singole strutture. Il cliente – continua – dovrebbe guardare il prezzo di una camera e scrivere direttamente all’hotel per vedere di ottenere una tariffa minore o a parità di tariffa avere extra che magari Booking non dà».

Per fare due calcoli, l’80 per cento delle prenotazioni passa dal web e dalle Olta se si parla di strutture alberghiere singole, si riduce invece un po’ per le catene di hotel, che spesso hanno loro canali di prenotazione. Noi tutti siamo abituati ad andare veloci e i portali esteri danno il vantaggio dell’immediatezza della prenotazione. Innegabile che abbiamo creato un modello vincente.

La soluzione?

«Oggi – dicono gli albergatori – non possiamo pensare di trovare sistemi che possano competere ai livelli di Booking ed Expedia, ma in prima battuta è necessario equiparare il regime fiscale per questi sistemi che operano nel nostro Paese. È giusto paghino qui le tasse, dove producono fatturato e che si abbia una ricaduta di valore aggiunto sullo Stato italiano. Peraltro, allo stato attuale paghiamo una intermediazione sull’Iva perché il prezzo su cui viene fatta la percentuale è sull’Iva stessa. Dovremmo rivedere la normativa comunitaria».

Una battaglia lunga e difficile da vincere, se sommata, peraltro, a un altro grosso tema: quello dell’abusivismo, del contrasto agli affitti brevi e a tutto quello che fa concorrenza all’albergo senza averne titolo. Una soluzione che si sta cercando è quella di far emergere l’abusivismo che c’è in parte in portali come Airbnb e in secondo luogo mettere dei paletti come in Francia, dove se vuoi affittare un appartamento non lo puoi dare per una notte, ma per un periodo minimo di 5 notti. Deve essere un’offerta che non sia in competizione con quella dell’albergo.

Perché è incredibile che in un Paese vocato al turismo come l’Italia ancora non si sia in grado di valorizzare appieno le nostre strutture alberghiere e contrastare chi affitta al nero, evadendo le tasse e dando spazio a un mercato in cui, tra mille difficoltà, continuano a sguazzare i più forti.